Il
personaggio, comunque, segnò profondamente la carriera di scrittore
di Doyle, e in un certo senso lo perseguitò per tutto il resto
della sua vita, tanto che dopo la morte di Holmes, verificatasi nel
corso di un duello con l'arcinemico, il Professor Moriarty presso le
cascate di Reichenbach e narrata in L'ultima avventura, fu costretto
prima a realizzare un romanzo, Il mastino dei Baskerville,
ambientato prima della sua morte, avvenuta nel 1891, quindi, grazie
al fatto che il corpo del geniale investigatore non venne mai
ritrovato, lo fece ritornare vivo e vegeto in attività in
L'avventura della casa vuota, ambientata nel 1894: tre anni di buio
in cui Holmes si è tenuto nascosto, aiutando in segreto il governo
britannico. Quindi, dopo una
carriera lunga ben 23 anni, 17 dei quali in collaborazione con
Watson, Holmes si ritira prima nel Sussex a studiare l'apicoltura,
quindi in una fattoria a cinque miglia da Eastbourne, dedicandosi
alla filosofia e all'agricoltura, non prima di aver aiutato
l'Inghilterra nel corso della Prima guerra mondiale. Il
personaggio creato da Conan Doyle ha anche ispirato numerosi
personaggi della letteratura e della televisione: ricordiamo Hercule
Poirot, Ellery Queen, Nero Wolfe, Guglielmo da Baskerville (non a
caso), protagonista de "Il nome della rosa" di Umberto
Eco, Conan Edogawa, protagonista del manga Detective Conan di Gosho
Aoyama, e il dottor Gregory House, protagonista della serie
televisiva Dr. House - Medical Division. |
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Descrivere
il metodo di indagine di Holmes è semplice e complesso al tempo
stesso. Il detective di Baker
Street fu il primo, se non ad applicare effettivamente, a rendere
popolare la criminologia, cioè l'applicazione del metodo
scientifico alle investigazioni criminali. Il
nostro poneva alla base una certa differenza tra l'osservazione dei
particolari e la deduzione. Erano due aspetti distinti, poiché
l'osservazione portava ad alcune preliminari conclusioni, ma solo
con la conoscenza di alcuni aspetti della vicenda si potevano trarre
delle deduzioni definitive. |
Tale
metodo deriva direttamente da quello del dott. Joseph Bell,
insegnante di Conan Doyle, che nella diagnosi medica propugnava
prima l'attenta osservazione dei dettagli, poi la conclusione basata
sulla raccolta di prove inoppugnabili. Il metodo di Holmes era
spesso basato sulla raccolta sul campo delle prove e degli indizi,
cosa che lo differenzia nettamente dal fratello Mycroft, comparso
per la prima volta in L'interprete greco, in grado di risolvere, lui
sì, un'indagine senza mai muoversi dalla sua casa. Infine
poneva una certa, importante differenza tra il guardare e
l'osservare: nella prima attività tutti erano certamente bravi, ma
solo l'abilità di cogliere i particolari poteva essere affinata con
l'abitudine e l'esercizio. In
sintesi questo era Holmes: una personalità asciutta e scattante che
portò a livelli elevati l'attività investigativa nella
letteratura, divenendo, molto più del già citato Dupin, un punto
di riferimento per i giallisti del mondo intero. Il modo di dire più tipico attribuito ad Holmes è
la frase «Elementare, Watson!» (Elementary, my dear Watson!),
quando egli spiega, con una certa sufficienza, all'amico medico la
soluzione di un caso. In realtà questa celebre frase non è mai
stata pronunciata. In una pagina della raccolta Le memorie di
Sherlock Holmes, nel racconto L'uomo deforme, Holmes, rispondendo a
una domanda di Watson, fa semplicemente uso del modo di dire «Elementare!»,
riferito a un suo ragionamento; ne Il segno dei quattro dice
testualmente: «La cosa è di una semplicità elementare».
La frase «Elementare, Watson» ha fatto la sua apparizione
in uno dei tanti film sul grande detective, conferendogli una certa
dose di antipatia e supponenza senz'altro immeritate.
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Marcello
Salvi
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