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Vienna
(Vindobona)
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Parte Quarta Belvedere
e Prater |
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Il programma
pomeridiano prevede una visita alla Sudbahnhof dove controllare gli
orari dei treni per Bratislava, una visita al Palazzo del Belvedere
che si trova proprio accanto alla Stazione ed infine la visita al
Prater. Con la solita U6 raggiungo la Westbahnhof e qui prendo il
tram numero 18, che usa le stesse carrozze delle metropolitana (e
un motivo c’è e lo scoprirò presto !). Il tram, a due carrozze
non comunicanti, percorre tutto lo Josefstadt ed una parte di
periferia Nord, supera Margaretengurtel ed poi sparisce sottoterra !
Esatto, il tram si infila in un tunnel dove corrono altri tram,
improvvisamente la linea di superficie si trasforma in sotterranea,
con stazioni vere e proprie. |
Vi lascio immaginare cosa può accadere
a percorrere chilometri sottoterra con un tram con tutti i finestrini aperti. Una fermata prima della Sudbahnhof torna alla
luce del Sole. Un viaggio allucinante. Davanti alla Sudbahnhoff mi
rendo conto dal vivo di cosa vuol dire “oltre cortina”. Chi ha la mia età ha
fatto in tempo a vivere la divisione dell’Europa in Est e Ovest,
per noi allora Vienna era una sorta di porta su un altro mondo, con
la sua posizione così a Oriente era l’ultimo avamposto del mondo
occidentale, oltre Vienna c’era la “cortina”, l’Est, i paesi
satelliti del Mostro Sovietico e tutti noi avevano un’idea
dell’Est che ci veniva tramandata dai film, strade larghe, tram,
palazzi grigi, Stazioni Ferroviarie dimesse. |
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Perfetto, l’area
della Sudbahnhof è
esattamente così, la Stazione sembra un hangar riadattato su una
grande strada di scorrimento circondata da tetri palazzi grigiastri.
In stazione verifico
che dalle 6 del mattino alle 23 ci sono treni regolari e cadenzati
per Bratislava, che dista appena 60 chilometri, quindi attraverso la
strada e vado al Palazzo del Belvedere, Residenza del Prinz Eugene
che però è chiuso e dunque devo accontentarmi di visitare i
giardini, in rifacimento e quindi in gran parte inagibili.
Nuovamente deluso ritorno alla Stazione ed attendo il tram numero 0
per il Praterstern. Arriva e questo almeno fa tutto il viaggio in
superficie fino al Donaukanal, il piccolo Canale ricavato usando le
acque del Danudio.
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Subito dopo ferma in una piazza, appunto la
Praterstern. Sembra l’ultimo avamposto della civiltà. Una grande
piazza ricoperta dalle rotaie dei tram, una Stazione sopraelevata,
uno svincolo autostradale che occorre attraversare per entrare nel
vero e proprio Prater. Appena dentro il Prater capisco che sarà un
altro flop, in pratica il tutto consiste in un enorme e lunghissimo
viale alberato con ad un lato una mezza specie di Luna Park che mi
ricorda e mi fa comprendere appieno e per la prima volta visivamente
l’espressione usata da Ungaretti nella sua poesia, “In
Memoria”, quando parla di “sobborgo che pare sempre in una
giornata di una decomposta fiera”. |
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La famosa
Riesenrad, la Ruota
Panoramica, a vederla da sotto sembra un giocattolone fuori moda.
Mestamente torno indietro ma invece di prendere il tram mi infilo
direttamente nella fermata della Metro U1 che poi cambio con la U2
per ritrovarmi nuovamente alle spalle del Rathaus, decido di tentare
la sorte in qualche locale dei dintorni ed arrivato davanti alla
Votivkirche vengo attirato da un’insegna verde che conduce ad una
specie di ritrovo mezzo sottoterra, leggo il menù appeso fuori e
decido di provare, anche perché tra una cosa e l’altra si sono
fatte le 23 e difficilmente troverei qualcos’altro da mangiare in
una città dove ogni tipo di esercizio commerciale serra le imposte
alle 18.
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La signora, del tutto
teutonica, mi inquadra subito e mi porta un menù con la traduzione
in italiano e quindi seduto ad un tavolo di legno con alle spalle
una finestra che da sul marciapiede, nel senso che la finestra che
nel locale è ad un metro da terra da fuori risulta al livello del
marciapiede, ordino un Zuppa Viennese con patate, funghi
e speck, una porzione di gulasch ed una fetta di Strudel ed
anche se non amo la birra trovando criminale innaffiare un tipico
desco austriaco con della Coca Cola ordino anche una Universitat
Brau. Alla fine questa cena è stata sicuramente la cosa migliore
della giornata ed azzardo del viaggio, quando esco dal locale la
mezzanotte e mezza è già passata. |
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Le strade sono deserte, per un
attimo credo di avere un’allucinazione, non riesco più a vedere
le guglie illuminate della Votivkirche dall’altra parte della
piazza, poi i miei occhi si abituano alla luce notturna e ne
distinguo la sagoma nera contro il cielo violaceo: hanno semplicemente
spento l’illuminazione. Tiro fuori dalla tasca la Castello, la
carico a Bergerac ed imbocco la Alser Strasse per tornare in albergo
e mentre cammino, con tutta la lentezza di cui sono capace, assisto
ad una strana processione di carrozzelle a due cavalli che si
dirigono verso la periferia, evidente vanno a rimessa alla fine
della giornata lavorativa.
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A metà strada, all’incrocio tra la
Alser Strasse e la Feldgasse un chiosco dove si spacciano panini con
salsicce è ancora aperto ed illuminato, numerosi wurstel rosolano
sulla griglia e alcuni operai stanno pasteggiando a birra e salsicce. Ogni tanto mi fermo ad osservare i tram notturni che
sferragliano o qualche vetrina curiosa. Poco prima di arrivare in
albergo, sulla Hernalser Gurtel le luci di un locale equivoco
illuminano la strada, sulla soglia, a dispetto della temperatura
decisamente rigida, una ragazza seminuda (e quando dico seminuda sto
parlando per eccesso) ammicca a tutti i passanti cercando di
attirarli dentro. Infine guadagno la Geblergasse e vedo le luci
dell’albergo, mancano 15 minuti alle 2. |
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Marcello Salvi
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