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L'ultima
parte del passaggio a Termini Imerese prevede la discesa verso la
Stazione che viene fatta attraverso una via diversa dalla
salita, tramite la Scalinata di san Carlo che porta alla curva a
gomito di Via Stesicoro, illustrissimo cittadino Himerese, che col nome di Tisia si trasferì in Sicilia, dapprima ad Imera, dove avrebbe narrato la favola del cavallo e del cervo, chiara metafora della politica del suo tempo. A causa di questa storia venne espulso dalla città e trovò asilo politico a Catania, dove morì per mano del brigante Nicànore.
Considerato dagli antichi l'Omero della lirica corale, il grande poeta dei miti, Stesicoro era un poeta detto citaredo, che declamava cioè le sue opere accompagnandosi con la cetra.
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La sua produzione si articola in ventisei libri giuntici tutti incompleti (di alcuni di essi non ci restano che semplici titoli). Si cimentò nei generi più diversi, dall'epica alla poesia pastorale, passando per composizioni di natura erotica.
La particolarità delle sue opere si nota dall'alto interesse per la psicologia dei personaggi: egli si sofferma spesso sui pensieri dei protagonisti, rallentando l'azione ma accentuando la drammaticità degli eventi. Questo metodo particolare gli attirò numerose critiche anche tra i contemporanei tuttavia il giudizio che la letteratura dà oggi sulle sue opere è positivo, apprezzandone lo sperimentalismo. Stesicoro ispirò anche alcuni autori tragici di età ellenistica.
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La sua prima opera siciliana è
la favola del cavallo e del cervo, in quest'opera racconta come tra i due animali esisteva sempre
astio, il cavallo per battere il cervo chiese aiuto all'uomo, quest'ultimo cacciò il cervo, ma
rese schiavo il cavallo, in quel periodo Falaride, tiranno di Agrigento, prometteva
l'aiuto necessario per sconfiggere i Selinuntini, antichi rivali della colonia
che cambio avrebbe sicuramente subito la schiavitù di Falaride,
la favola raccontata era un monito per i concittadini, ma il tiranno Akragantino entrò in città e
lui dovette fuggire.
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Marcello
Salvi
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