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Nella
pigra mattinata di lunedì 23 aprile una delegazione del Club Legio
Praetoria visita il laboratorio di Bruto Sordini, l’impareggiabile
Don Carlos. Insieme al gruppo anche Massimo Musicò, pure lui in
trasferta marchigiana. Lì
troviamo altri appassionati fumatori di pipa venuti fino da Ischia
sempre per la manifestazione da poco conclusasi. Dopo un caffè,
straordinariamente preparato e servito da Bruto, ci dedichiamo ad
ascoltare i racconti di Rosaria e di suo marito.
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Sotto
i nostri occhi viene aperto un “cofano del tesoro” zeppo di pipe
firmate Don Carlos. Alcune delle quali quasi misteriose, ad esempio
quella dedicata a Napoleone. Sempre nell’ufficio di Bruto un
armadietto contiene i reperti di un museo in miniatura: soprattutto
pipe meritevoli di essere esposte e ricordate per qualche motivo.
Alcune bellissime, per varie ragioni raccolte lì. Non sarebbe
elegante dire per sfortuna, quanto per differenti casi fortuiti.
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Memorabile quella a forma di mitilo, tra il fornello e la superficie
esterna c’è solo un velo di cipolla! Resa non fumabile da questa
fatale caratteristica la sua destinazione finale è stata il Museo di
Bruto. Gli
ischitani prendono la via di casa mentre giunge per i saluti di rito
Achim Frank, carico all’inverosimile di bagagli. La sua meta è
Bologna da dove prenderà un aereo per la Germania.
Si
scambiano gli auguri di buon viaggio, e per alleggerire i bagagli
passano di mano anche delle quantità di tabacco non trasportabili.
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Riceviamo in omaggio una latta quasi completa della miscela
aromatizzata Frank Numero 6, cambiata con una bottiglia di acqua
minerale. Preziosa per chi non prevede soste ma una via diretta fino
all’aeroporto di Bologna.
Poco
dopo si assiste ad un confronto di talenti: Bruto e Massimo si
scambiano pareri sulla lavorazione delle pipe, su gli imprevisti delle
placche, l’utilizzo delle macchine utensili più appropriate.
Macchine rigorosamente artigianali, fatte apposta per le esigenze del
singolo pipemaker.
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Alla
faccia della presunta gelosia tra artigiani il confronto è molto
franco, d’altro canto il laboratorio di Bruto, come per altro quello
di Massimo, non ha segreti di sorta. Nella
mia principale attività uno stimato collega sommelier e giornalista
mi sottolineava come le mani dei vignaioli non mentano mai. Chi è
abituato al lavoro manuale non teme di sporcarsele e di solito non
supererebbe un provino per una pubblicità di estetica sulle mani
stesse.
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Per gli artigiani della pipa vale lo stesso ragionamento,
forse merita avere un pizzico di scetticismo in più per che si vanta
di essere un pipemaker artigianale e sfoggia mani da violinista! Questo
è uno dei casi in cui l’abito, molto informale, e le mani segnano
l’uomo-lavoratore in maniera definitiva. Tanto
per avere un’idea del rapporto con la radica Bruto porta due abbozzi
delle dimensioni di una palla da pallamano che attendono di essere
rifinite, battendole come nacchere da flamenco !
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Il
portapipe di Bruto sono dei chiodi, sembra pure arrugginiti, infissi
su una mensola di legno! Questo
non inficia il rispetto enorme che tutti gli artigiani possiedono,
quasi fosse una seconda pelle, per l’altrui come per il proprio
lavoro.
Forse
proprio questa oscillazione tra il rispetto e la dissacrazione è
l’essenza vera del pipemaker, uguale a quella del sincero
appassionato della pipa. Rispetto per quello che è la filosofia
dell’artigiano, per il lavoro, la materia prima e l’esecuzione
dell’opera.
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Dissacrazione per quello che resta un lavoro gioioso ed
originale per l’artigiano e un passatempo per il fumatore, e che non
dovrebbe mai essere investito di significati diversi da quelli ludici
e goliardici, come anche conviviali. Né tanto meno di un mero
agonismo sfrenato e totalmente fuori luogo.
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Un Lunedì dopo Cagli
di Flavio Socci
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