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Nel Seicento la via Nomentana era costeggiata da Vigne con qualche modesto fabbricato con una palude sita in località "Vignola" che appartenne dal 1673 a Benedetto
Pamphilj ed al momento del suo acquisto della villa era molto più piccola dell'attuale e constava di un settore di rappresentanza e di un settore
rurale. Benedetto affidò a Giacomo Moraldo, a Mattia de Rossi e a Carlo Fontana dei lavori di arricchimento della proprietà, gli artisti su citati resero l'appezzamento di terreno più confortevole e più artistico. Il palazzo principale aveva delle stanze con dipinti paesaggistici, figure fitomorfe e zoomorfe e constava di quadri ed aveva una loggia con statue. |
Dal 1762 la villa fu proprietà di Girolamo Colonna il quale ampliò la villa comprando i confinanti "Giardino Lana" e la "Vigna
Abbati". L'erede di Girolamo, Filippo Colonna, nel 1797, vendette la villa a Giovanni Torlonia, e una descrizione del podere attesta che era di carattere residenziale. Giovanni affidò a Giuseppe Valadier l'incarico di arricchire ulteriormente la Villa. L'architetto lavorò nella villa tra il 1802 ed il 1806, tuttavia il Valadier lavorò con la famiglia Torlonia fino al
1828. La Villa passò di mano in mano tra i vari eredi e
rimaneggiamenti fino ad arrivare ad Anna Torlonia, la quale mantenne il cognome Torlonia mediante una dispensa di Pio IX per poter assicurare la continuità
dinastica.
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Alla morte di Anna Maria, avvenuta nel 1901, l'amministratore del patrimonio fu suo figlio Giovanni junior che fece costruire il Villino Medievale, un nuovo muro di cinta, un nuovo ingresso su via Nomentana, il Villino Rosso, ed il Villino del portiere sull'ingresso su via Spallanzani e la Capanna Svizzera fu trasformata nell'attuale Casina delle Civette. In questo periodo la facciata su Via Nomentana venne arretrata di 20 metri, arretramento che causò la distruzione tra l'altro della Coffee house e dell'anfiteatro. Man mano la villa perse le sue funzioni di rappresentanza. |
Giovanni non si sposò, passando la vita semplicemente con la servitù nella Casina delle Civette arredata ossessivamente col tema delle civette, ossessione che fomentò voci di una possibile pazzia del principe. Nel 1919 fu trovato nella villa un cimitero ebraico sotterraneo, posto nell'area nord-ovest. Questo cimitero fu studiato dagli archeologi Paribeni e Gismondi che ne pubblicarono una prima pianta. Negli anni settanta un secondo studio fu effettuato da Padre Fasola che ha individuato una seconda catacomba unita alla precedente. La prima catacomba è affrescata mentre la seconda consta di un'area
absidata.
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Nel 1925 Giovanni junior offrì a Benito Mussolini la residenza nella villa, il quale vi restò anche dopo la morte del principe, fino al 1943. Mussolini abitò nel Palazzo, la Limonaia la utilizzò come sala proiezioni cinematografiche e il campo da tornei come campo da tennis.[1] Un ultimo intervento fu realizzato da Donna Rachele quando nel 1942 installò nella villa i cosiddetti "Orti di
guerra". Dopo la morte di Giovanni junior, per la mancanza di eredi diretti, cominciò una lunga trafila
legale. Nel 1977, in seguito ad una sensibilizzazione della cittadinanza romana la villa è stata acquistata dal Comune di Roma che, nel 1978 la aprì al pubblico senza tutelarne le
strutture.
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Tutela inerente ai fabbricati ed agli edifici interni alla villa che, invece, è cominciata solamente nel 1993 cominciando dalla Casina delle Civette,
a seguito di un incidente mortale avvenuto tra i suoi ruderi, poi con le Scuderie Nuove, il Villino Rosso, i propilei, il Casino dei Principi, il Casino Nobile e finendo col teatro e della serra
moresca. <------Torna
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Marcello
Salvi
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