Fumare la Pipa

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Fab’s Weblog

Come la maggior parte dei fumatori, ho ceduto alla curiosità di provare forme e materiali meno consueti: ho alcune Pipe di terracotta o argilla, un paio delle quali ho anche provato pazientemente a fumare (sempre tornando poi a quelle più tradizionali). Ne ho una in pietra, che probabilmente detiene un record in fatto di calore sprigionato – provata una volta e poi prudentemente accantonata dopo che mi aveva ridotto la lingua tipo Roger Rabbit quando beve il whisky. Ho comprato un paio di Corncob, fatte in pannocchia di granturco, come quella di Braccio di Ferro: fumandoci dentro un tabacco americano molto aromatico e di scarso corpo, che alla fine risultava enigmaticamente insapore (almeno per me, che amo i tabacchi inglesi).

La Falcon qui a lato, in teoria è la Pipa perfetta: cannello in metallo, bocchino credo in metacrilato e il fornello in radica avvitato e intercambiabile. Quando volete pulirla, svitate e rimuovete il fornello e rimuovete i residui dal cannello metallico, che potete anche lavare con l’acqua. Dato che dopo ogni fumata bisognerebbe dare al fornello il tempo di asciugarsi dall’umidità accumulata sul fondo, in questo caso basta togliere quello appena usato e inserirne un altro. 


Tutto questo è molto bello, purtroppo ogni mio tentativo con questo attrezzo è risultato poco soddisfacente: il tiraggio è faticoso se premo troppo il tabacco, oppure eccessivo se lo lascio più sciolto. Il metallo sotto al fornello diventa incandescente e si genera molta umidità. Purtroppo non ho ancora trovato la tecnica giusta per godere delle meraviglie promesse dalla Falcon: magari quando sarò più esperto riuscirò a fare di meglio, per ora mi limito a qualche sporadico utilizzo e a pulirla religiosamente di tanto in tanto.


Per quanto riguarda i tabacchi, ho inizato come il 90% dei fumatori con un noto trinciato olandese: busta decorata con un motivo a Tartan, taglio a filamenti sottili che bruciano rapidamente e aromatico quanto un Arbre Magique a grandezza naturale. Estremamente gradito ai parenti per il gradevole profumo, mi risultava però insoddisfacente al palato. Nei miei vari esperimenti, ho provato tabacchi olandesi, italiani, danesi, americani e per ultimi gli inglesi a cui sono rimasto fedele.


Ho dimostrato una innata capacità di affezionarmi a tabacchi che vengono poi tolti dal mercato. Anni fa ne avevo scoperto uno venduto in busta che più che umido era letteralmente bagnato e difficilissimo da tenere acceso (se non in presenza di forti venti di libeccio ad accelerare la combustione): ma il gusto ricompensava ampiamente gli sforzi, altroché. Un giorno, sparì all’unisono da tutte le tabaccherie conosciute. Dopo aver provato molti tipi di tabacchi olandesi, decisi che l’unico che mi piaceva era una specie di Cavendish dal raffinato retrogusto di noci, che si comportava piuttosto bene nelle Pipe di media grandezza: senza preavviso, si dileguò pure quello.


Dopo aver acquisito il gusto per i robusti tabacchi inglesi, provai un flake noto per essere molto corposo, piuttosto umido, ottimo nelle Pipe grandi. Durò qualche anno, poi scomparve da tutte le tabaccherie d’Europa. Ora fumo solo le classiche mixture inglesi, anche se alla lunga diventano un po’ monotone.

Non fumo molto, dato che mi sono imposto un rigido codice di autoregolamentazione che ha preceduto di qualche anno la legge in materia. In pratica, mi concedo questo vizio solo a casa mia e per la strada: e anche lì, se mi trovo in mezzo alla folla, lascio spegnere. Non rimpiango neppure il periodo in cui potevo fumare in ufficio (ero in stanza da solo), anche se mi aiutava a concentrarmi: il pensiero di dar fastidio a qualcun altro è sufficiente a togliermi il piacere. Non sento nemmeno il bisogno di fare proselitismo, quindi spero che, se non siete fumatori, non lo diventerete dopo aver letto queste righe: prendetele semplicemente come una divagazione su un soggetto che mi è gradito. Se preferite una boccata d’aria fresca a un qualunque tipo di fumo, avete tutta la mia approvazione.

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by Marcello Salvi 2006

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