| |
|
Abbazia
di Farfa
|
|
|
Quale
modo migliore di far sgranchire un po' le ruote all'ormai storica,
con tanto di certificato, 205, immatricolata 1989, se non fare quei 40 chilometri che mi
separano dall'Abbazia di Farfa in un'assolata giornata estiva, senza
aria condizionata e senza vetri elettrici ?
L'Abbazia di Farfa (monastero della congregazione benedettina
cassinese), prende il nome dall'omonimo fiume (il Farfarus di Ovidio) che scorre poco lontano e che ha dato il nome anche al borgo adiacente l'abbazia.
L'Abbazia si trova nel territorio del comune di Fara in Sabina, nel
reatino. Fu fondata nel V secolo da san Lorenzo Siro, giunto in Italia dalla Siria con la sorella Susanna ed altri monaci.
|
La prima abbazia fu costruita nei pressi di un tempio pagano, dedicato alla dea Vacuna, e di una villa romana in rovina. Appena costruita, distrutta dai Longobardi verso la fine del VI secolo, secondo la leggenda fu ricostruita nel 705 da Tommaso di Moriana (o Morienna), proveniente da Gerusalemme. Da quel momento iniziò lo sviluppo dell'abbazia che si ingrandì con nuovi fabbricati e diventò sempre più ricca per le rinnovate piantagioni di olivi e la bonifica di molte terre circostanti.
L'abbazia crebbe in importanza e considerazione e ricevette elargizioni, privilegi, esenzioni, da parte di imperatori e papi e diventa così una vera potenza interposta fra il patrimonio di Pietro ed il Ducato di Spoleto.
|
|
|
Farfa era un'Abbazia Imperiale, svincolata dal controllo pontificio ma vicinissima alla S. Sede, tant'è vero che il suo abate era a capo di una diocesi suburbicaria (quella attualmente confluita nella diocesi Sabina-Poggio Mirteto ne è solo una parte, visto che in origine essa seguiva l'orografia appenninica fino a lambire i territori del primo nucleo territoriale pontificio, quello che Liutprando ricavò dal "corridoio bizantino" con la donazione di
Sutri). Nel momento più alto della sua potenza l'abbazia controllava 600 tra chiese e conventi, 132 castelli o piazzeforti e 6 città fortificate, per un totale di più di 300
villaggi. |
Si diceva che l'abate facesse ombra alla potenza del papa, ma in realtà il suo potere era quello di un vero e proprio legatario imperiale incaricato della difesa del Lazio e della rappresentanza degli interessi imperiali presso la Santa sede.
Uomini colti, degni e devoti, si succedettero alla direzione dell'abbazia, come ad esempio l'Abate
Sicardo, parente di Carlo Magno. Durante il Regno di Carlo Magno, l'abbazia ebbe il massimo sviluppo edilizio, che ne modificò così tanto la struttura originale che solo di recente è stato possibile ricostruirla. In pochi decenni divenne uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell'Europa
medievale.
|
|
|
Carlo Magno stesso, poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio il 25 dicembre 800, visitò l'Abbazia e vi sostò. Per comprendere l'importanza economica di Farfa basti pensare che nel terzo decennio del IX secolo, sotto l'Abate
Ingoaldo, essa possedeva una nave commerciale esentata dai dazi dei porti dell'impero
carolingio. La penetrazione dei Saraceni - dopo sette anni di resistenza delle milizie agli ordini del capitolo del monastero - indusse l'Abate Pietro I ad abbandonare
Farfa; l'Abbazia fu presa e incendiata. Uno dei tre gruppi di monaci fuggiaschi, trovò riparo a Roma. |
Restò traccia della presenza dei monaci
nell'insula francese di Roma: nei pressi della chiesa di San Luigi dei Francesi e nei luoghi che avevano ospitato le Terme di Nerone furono ritrovate - durante i lavori di restauro dei sotterranei di palazzo Madama, ad opera dell'amministrazione del Senato alla fine degli anni Ottanta del XX secolo - tracce di un cimitero appartenente al capitolo degli abati di
Farfa.
Passato il pericolo il capitolo tornò a Farfa sotto la guida di Ratfredo che, divenuto Abate, nel 913 completò la chiesa.
|
|
|
Con la decadenza dell'Impero
carolingio, nel periodo degli Ottoni la fedeltà imperiale del capitolo abbaziale,
che intanto aveva abbracciato la riforma cluniacense, si tradusse stavolta in
filo-germanesimo, che proseguì lungo tutto il periodo della lotta per le investiture.
L'abbazia conserva tuttora testimonianze di architettura carolingia uniche in Italia che si possono distinguere nella base dell'unico campanile a noi giunto e nel muro perimetrale alla base dello stesso, dove si distinguono, perfettamente conservate, le caratteristiche lesene.
Il resto del campanile con le trifore è opera di un periodo successivo. Nella struttura sono state ritrovate tracce che testimoniano la presenza del
westwerk.
|
|
|
|
|
Marcello
Salvi
|
.
. |