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Il
sigaro Toscano nacque casualmente a Firenze nel 1815, nel cortile di
una Manifattura Tabacchi, forse in quella nell'ex convento di Santa
Caterina delle Ruote, in seguito ad violento acquazzone estivo che
bagnò una partita di foglie di tabacco Kentucky legate a mazzi e ben
pressate lasciata allo scoperto.
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Le
foglie cominciarono a fermentare e, il direttore della manifattura,
per non buttare via questo tabacco (sarebbero dovute servire come
tabacco da fiuto), diventato ormai maleodorante, decise di lasciarlo
fermentare ancora, poi di far asciugare le foglie lentamente e poi
sceglierle come al solito per grandezza e qualità per creare dei
sigari da vendere a bassissimo prezzo fra la gente del popolo. Così
furono venduti negli spacci dei quartieri di periferia di Firenze,
dove ebbero un enorme successo non solo fra il popolino, ma anche tra
i signori; un successo incredibile rispetto alla normale vendita dei
sigari all'epoca non solo per il bassissimo prezzo di vendita, ma
soprattutto per il sapore più intenso rispetto ai sigari normali.
Vista
la calorosissima accoglienza sul mercato di questo “sigaraccio
amaro”, nel 1818, la Manifattura granducale ne avviò la produzione
in modo industriale e li mise in vendita regolarmente.
La
produzione del sigaro Toscano, fino al 1945, avviene a Firenze poi
viene trasferita alla Manifattura di Lucca, presso un ex convento di
suore domenicane, e a quella di Cava dei Tirreni, le uniche ancora
oggi, in Italia a produrre sigari toscani. Da allora ad oggi l’unica
differenza è che la fermentazione da casuale che era, si è fatta controllata
e tecnicamente sofisticata, ma il principio è lo stesso del 1815.
Il
sigaro è formato da una parte esterna detta FASCIA che è una foglia
di tabacco Kentucky e da una parte interna detta RIPIENO, composta da
varie miscele di tabacco Kentucky. La fascia viene chiusa e avvolta a
spirali sovrapposte sul ripieno per mezzo di una speciale colla
ottenuta da farina di amido diluita in acqua.
Fabio
Apriletti
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