Nel quattrocento, infatti, le cronache dell'epoca
raccontano che sul Colle Capitolino fosse tenuto in gabbia uno
splendido esemplare di leone appositamente catturato nelle lontane
terre
d'Africa.
La belva,
custodita in una gabbia non particolarmente ampia, rappresentava uno
dei vanti della città eterna, al punto che le era stato assegnato
un custode, lautamente pagato, che provvedeva a tutti i bisogni
della bella fiera. Nel 1414,
però, l'animale venne abbattuto dopo che aveva deciso di sbranare
un malcapitato che, volendo vedere meglio il bel leone, si era
avvicinato troppo alla gabbia. Nei giorni
successivi si decise di sostituire il leone in carne ossa con uno di
marmo, un bell'esemplare, comunque, ma certamente più mansueto.
L'esposizione
della lupa, comunque ai romani piace e ben presto diventa
un'attrattiva, molti sono infatti i cittadini che si fermano davanti
alla gabbia per osservare il movimento dell'animale divenuto,
inconsapevolmente, uno dei simboli della città. Nel 1902, a
riprova di quanto la fiera sia divenuta un simbolo cittadino, il
noto pittore Bartolomeo Pinellio immortala in uno dei suoi famosi acquarelli il
bell'animale dentro la sua gabbia in via del Teatro Marcello.
Gli anni trascorrono ed a Roma, divenuta sempre più
capitale,
scoppiano due guerre mondiali, cambiano i regimi, Roma riprende
lentamente il suo corso ma la lupa, nel frattempo sostituita con
nuovi esemplari, rimane sempre lì, sempre più smagrita, sempre più
sola a fare avanti ed indietro all'interno della sua stretta ed
umida gabbia, un incedere che è talmente evidente da diventare
proverbiale
al punto che
viene coniato dal popolino, sempre pronto a stigmatizzare modi e
comportamenti, un detto che diventa immediatamente famoso. Nella
città, infatti, per indicare una persona insofferente, frenetica
che non si riesce a fermare si dice, per l'appunto, me pari
'a lupa der campidojo !
Ma i tempi, per fortuna, se pur lentamente iniziano
a cambiare.
La sera del 28
giugno 1954 intorno alle 20.45 la lupa del Campidoglio, un esemplare
di tre anni, dopo una breve agonia, muore. Fin dalla prima mattina,
infatti, le condizioni della povera fiera appaiono critiche.
L'animale, come notato dal custode, si rifiuta di mangiare e
difficilmente si alza, preferendo rimanere in terra, in angolo della
stretta gabbia. Inizialmente si pensa che l'inappetenza sia dovuta
all'eccessivo caldo ma con il passare delle ore la gravità della
situazione è palese. Per questo viene convocato il veterinario del
giardino zoologico, il dottor Bartolino, che, pur intervenendo
immediatamente, non può fare nulla, limitandosi, alcune ore dopo, a
constatarne solamente il decesso. La notizia
apparsa sui giornali scatena un incredibile ed inatteso dibattito.
Per la prima volta, infatti, da quel lontano 1872, la decisione di
mettere sotto le pendici del Campidoglio una lupa in carne ed ossa,
l'ultima era più in ossa che carne, sua istituzione, è oggetto di
una contestazione.
La disputa si
apre ufficialmente il 17 settembre 1954, allorché il quotidiano
romano Il Messaggero riporta la notizia che un cittadino
inglese, tal Marian Johnson, residente da diversi anni a Roma, ha
scritto una breve lettera al Times per chiedere
l'intercessione del noto giornale d'oltre Manica nei confronti
dell'Amministrazione Capitolina affinché receda dal proposito di
reintrodurre, al posto della lupa morta di recente, un nuovo
esemplare. Nello specifico nella missiva il cittadino di Sua Maestà
britannica sottolinea che esporre la lupa è un atto dannoso, oltre
che per il povero animale, anche per l'immagine della città eterna.
La notizia, pubblicata nelle colonne della cronaca
di Roma del quotidiano capitolino suscita, come probabilmente
neanche il giornale stesso si attendeva, un vespaio di polemiche,
dando vita
a due veri e
propri fronti, uno favorevole all'introduzione di una nuova lupa ed
uno totalmente contrario con, nel mezzo, proposte singolari come
quella di un cittadino romano di esporre una lupa impagliata con
tanto di raccolta di fondi a tal proposito o
quella, di un altro cittadino dell'Urbe, decisamente più originale,
di mettere nell'angusta ed umida gabbia, a turno, i consiglieri
comunali, Sindaco compreso. Accanto al
cittadino inglese si schierano immediatamente altri cittadini ma
anche importanti istituzioni come quella del Giardino zoologico di
Roma e L'Ente nazionale Protezione Animali che, in un telegramma
indirizzato al sindaco di Roma, Salvatore Rebecchini, chiede che lo
stesso non dia seguito a quanto precedentemente dichiarato, e non
metta un nuovo esemplare nella vecchia gabbia di via del Teatro
Marcello.
In effetti il
sindaco di Roma nei giorni precedenti aveva sostenuto, nonostante
una interrogazione di un consigliere comunale lo chiedesse
espressamente, che la possibilità che l'aquila, nel frattempo
aggiunta, e la lupa potessero essere liberate non fosse all'ordine
del giorno, ribadendo, invece, l'importanza simbolica che i due
animali rivestivano nella tradizione millenaria di Roma non
capacitandosi, nella fattispecie, del perché ci si preoccupasse
tanto della condizione di “quei due animali” mentre
nessuno si lamentava per “i tanti zoo e dell'infinito numero
di uccelletti in gabbia”.
Per il Sindaco, esponente di spicco della Democrazia
Cristiana capitolina, le polemiche sorte all'indomani della lettera
del cittadino inglese sono, in realtà, strumentalizzazioni
politiche e nulla più, provenienti, principalmente da giornali di
sinistra che si erano nettamente schierati contro la possibile
reintroduzione
della lupa.
Le risposte,
però, non convincono i responsabili dell'ente in difesa degli
animali che in una lettera al sindaco di Roma sostengono come le
condizioni degli animali negli zoo, ed in particolare in quello di
Roma, siano diametralmente opposte a quella della lupa in quanto
questa vive “sola in una piccola ed umida gabbia” mentre
gli animali dello zoo “si trovano in compagnia in gabbie molto
più grandi se non in veri e propri recinti e costantemente
seguiti”.
Ma nella
disputa agguerriti sono anche coloro che sostengono la necessità di
rimettere la lupa nell'originaria gabbia in sostituzione
dell'esemplare morto il 28 giugno. Innanzitutto i
cittadini romani. Molte sono, infatti, le lettere spedite ai
quotidiani in cui gli abitanti dell'Urbe mostrano di gradire il
ritorno della lupa sotto al Campidoglio attaccando, nel contempo gli
inglesi, invitati a occuparsi di altro ed a ricordarsi il loro
proverbiale attaccamento ai simboli.
In un articolo del 28 settembre 1954, dall'eloquente
titolo Torni la lupa in Campidoglio apparso nelle pagine
della cronaca, il
quotidiano
romano sintetizzata la propria posizione sulla questione in atto.
Nel corsivo, infatti, l'Amministrazione capitolina viene invitata a
reintrodurre il più presto possibile la lupa al suo posto, un
simbolo a cui i romani sono particolarmente affezionati “non
ascoltando le istanze espresse per telegramma dall'Associazione per
la protezione animali né di alcuni cittadini per altro non tutti
romani”.
Le polemiche,
tuttavia, non convincono l'Amministrazione capitolina che decide di
andare avanti. Il 15 novembre dello stesso anno, a poco meno di
cinque mesi dalla morte della lupa capitolina un nuovo animale,
sfortunato erede della leggendaria madre putativa dei preziosi
gemelli fondatori di Roma, torna a fare triste mostra di se nella
gabbia in via del Teatro Marcello. Il lupo, un
giovane esemplare maschio, direttamente preso dal Giardino zoologico
è collocato nella gabbia, nell'occasione, almeno, allargata e resa
un po' più confortevole. Le polemiche
con il passare dei giorni si assopiscono e la lupa, come i
precedenti inquilini, inizia il suo lento incedere, non
smentendo, così, il noto detto romano.
Passeranno
ancora molti anni prima che il Comune, agli inizi degli anni
settanta, facendosi finalmente interprete delle giuste istanze
animaliste, decida di metter fine ad un'usanza che non solo non
celebrava i fasti di una città ma che costringeva, al contrario, un
animale, che tradizionalmente vive in ampi spazi, a sopravvivere
solo ed in una stretta ed umida gabbia.
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