La Lupa del Campidoglio

La vicenda della Lupa capitolina, di un lupo in carne ed ossa tenuto in gabbia alle pendici del Colle Campidoglio su via del Teatro Marcello, ha inizio sul finire del Ottocento. Il 28 agosto 1872, l'allora Consiglio Comunale di Roma, presieduto dal Sindaco Pietro Venturi, un avvocato che in realtà ricopriva in quel periodo le funzioni di Sindaco, decise con Deliberazione n° 52630 di porre “nel giardino del Campidoglio in un apposito casotto una lupa vivente come emblema di Roma e sia portata nel preventivo del futuro esercizio la spesa del relativo mantenimento in lire 23.50 mensili  

Roma, da meno di due anni capitale dell'unificata nazione italiana non senza, per altro, polemiche, cerca di affermare la sua immagine di città eterna dopo secoli in cui era stata la città della Chiesa, la Capitale dello Stato Pontificio. La scelta di rinchiudere dentro un'angusta gabbia una povera lupa nasce, dunque, dalla volontà di far risplendere i simboli di Roma, della Roma imperiale, della città laica e la lupa della leggenda, quella che aveva allattato Romolo e Remo è certamente, fra tutti i simboli, aquile, leoni ed oche comprese, quello più forte e più riconoscibile. La tradizione di esporre sul Colle Capitolino animali non comincia, tuttavia, con l'esposizione della lupa.

Nel quattrocento, infatti, le cronache dell'epoca raccontano che sul Colle Capitolino fosse tenuto in gabbia uno splendido esemplare di leone appositamente catturato nelle lontane terre d'Africa. La belva, custodita in una gabbia non particolarmente ampia, rappresentava uno dei vanti della città eterna, al punto che le era stato assegnato un custode, lautamente pagato, che provvedeva a tutti i bisogni della bella fiera. Nel 1414, però, l'animale venne abbattuto dopo che aveva deciso di sbranare un malcapitato che, volendo vedere meglio il bel leone, si era avvicinato troppo alla gabbia. Nei giorni successivi si decise di sostituire il leone in carne ossa con uno di marmo, un bell'esemplare, comunque, ma certamente più mansueto.

L'esposizione della lupa, comunque ai romani piace e ben presto diventa un'attrattiva, molti sono infatti i cittadini che si fermano davanti alla gabbia per osservare il movimento dell'animale divenuto, inconsapevolmente, uno dei simboli della città. Nel 1902, a riprova di quanto la fiera sia divenuta un simbolo cittadino, il noto pittore Bartolomeo Pinellio immortala in uno dei suoi famosi acquarelli il bell'animale dentro la sua gabbia in via del Teatro Marcello.

Gli anni trascorrono ed a Roma, divenuta sempre più capitale, scoppiano due guerre mondiali, cambiano i regimi, Roma riprende lentamente il suo corso ma la lupa, nel frattempo sostituita con nuovi esemplari, rimane sempre lì, sempre più smagrita, sempre più sola a fare avanti ed indietro all'interno della sua stretta ed umida gabbia, un incedere che è talmente evidente da diventare proverbiale al punto che viene coniato dal popolino, sempre pronto a stigmatizzare modi e comportamenti, un detto che diventa immediatamente famoso. Nella città, infatti, per indicare una persona insofferente, frenetica che non si riesce a fermare si dice, per l'appunto, me pari 'a lupa der campidojo !

Ma i tempi, per fortuna, se pur lentamente iniziano a cambiare.

La sera del 28 giugno 1954 intorno alle 20.45 la lupa del Campidoglio, un esemplare di tre anni, dopo una breve agonia, muore. Fin dalla prima mattina, infatti, le condizioni della povera fiera appaiono critiche. L'animale, come notato dal custode, si rifiuta di mangiare e difficilmente si alza, preferendo rimanere in terra, in angolo della stretta gabbia. Inizialmente si pensa che l'inappetenza sia dovuta all'eccessivo caldo ma con il passare delle ore la gravità della situazione è palese. Per questo viene convocato il veterinario del giardino zoologico, il dottor Bartolino, che, pur intervenendo immediatamente, non può fare nulla, limitandosi, alcune ore dopo, a constatarne solamente il decesso. La notizia apparsa sui giornali scatena un incredibile ed inatteso dibattito. Per la prima volta, infatti, da quel lontano 1872, la decisione di mettere sotto le pendici del Campidoglio una lupa in carne ed ossa, l'ultima era più in ossa che carne, sua istituzione, è oggetto di una contestazione.  

La disputa si apre ufficialmente il 17 settembre 1954, allorché il quotidiano romano Il Messaggero riporta la notizia che un cittadino inglese, tal Marian Johnson, residente da diversi anni a Roma, ha scritto una breve lettera al Times per chiedere l'intercessione del noto giornale d'oltre Manica nei confronti dell'Amministrazione Capitolina affinché receda dal proposito di reintrodurre, al posto della lupa morta di recente, un nuovo esemplare. Nello specifico nella missiva il cittadino di Sua Maestà britannica sottolinea che esporre la lupa è un atto dannoso, oltre che per il povero animale, anche per l'immagine della città eterna. La notizia, pubblicata nelle colonne della cronaca di Roma del quotidiano capitolino suscita, come probabilmente neanche il giornale stesso si attendeva, un vespaio di polemiche, dando vita a due veri e propri fronti, uno favorevole all'introduzione di una nuova lupa ed uno totalmente contrario con, nel mezzo, proposte singolari come quella di un cittadino romano di esporre una lupa impagliata con tanto di raccolta di fondi a tal proposito o quella, di un altro cittadino dell'Urbe, decisamente più originale, di mettere nell'angusta ed umida gabbia, a turno, i consiglieri comunali, Sindaco compreso. Accanto al cittadino inglese si schierano immediatamente altri cittadini ma anche importanti istituzioni come quella del Giardino zoologico di Roma e L'Ente nazionale Protezione Animali che, in un telegramma indirizzato al sindaco di Roma, Salvatore Rebecchini, chiede che lo stesso non dia seguito a quanto precedentemente dichiarato, e non metta un nuovo esemplare nella vecchia gabbia di via del Teatro Marcello.

In effetti il sindaco di Roma nei giorni precedenti aveva sostenuto, nonostante una interrogazione di un consigliere comunale lo chiedesse espressamente, che la possibilità che l'aquila, nel frattempo aggiunta, e la lupa potessero essere liberate non fosse all'ordine del giorno, ribadendo, invece, l'importanza simbolica che i due animali rivestivano nella tradizione millenaria di Roma non capacitandosi, nella fattispecie, del perché ci si preoccupasse tanto della condizione di “quei due animali” mentre nessuno si lamentava per “i tanti zoo e dell'infinito numero di uccelletti in gabbia”. Per il Sindaco, esponente di spicco della Democrazia Cristiana capitolina, le polemiche sorte all'indomani della lettera del cittadino inglese sono, in realtà, strumentalizzazioni politiche e nulla più, provenienti, principalmente da giornali di sinistra che si erano nettamente schierati contro la possibile reintroduzione della lupa.

Le risposte, però, non convincono i responsabili dell'ente in difesa degli animali che in una lettera al sindaco di Roma sostengono come le condizioni degli animali negli zoo, ed in particolare in quello di Roma, siano diametralmente opposte a quella della lupa in quanto questa vive “sola in una piccola ed umida gabbia” mentre gli animali dello zoo “si trovano in compagnia in gabbie molto più grandi se non in veri e propri recinti e costantemente seguiti”. 

Ma nella disputa agguerriti sono anche coloro che sostengono la necessità di rimettere la lupa nell'originaria gabbia in sostituzione dell'esemplare morto il 28 giugno. Innanzitutto i cittadini romani. Molte sono, infatti, le lettere spedite ai quotidiani in cui gli abitanti dell'Urbe mostrano di gradire il ritorno della lupa sotto al Campidoglio attaccando, nel contempo gli inglesi, invitati a occuparsi di altro ed a ricordarsi il loro proverbiale attaccamento ai simboli. In un articolo del 28 settembre 1954, dall'eloquente titolo Torni la lupa in Campidoglio apparso nelle pagine della cronaca, il quotidiano romano sintetizzata la propria posizione sulla questione in atto. Nel corsivo, infatti, l'Amministrazione capitolina viene invitata a reintrodurre il più presto possibile la lupa al suo posto, un simbolo a cui i romani sono particolarmente affezionati “non ascoltando le istanze espresse per telegramma dall'Associazione per la protezione animali né di alcuni cittadini per altro non tutti romani”.

Le polemiche, tuttavia, non convincono l'Amministrazione capitolina che decide di andare avanti. Il 15 novembre dello stesso anno, a poco meno di cinque mesi dalla morte della lupa capitolina un nuovo animale, sfortunato erede della leggendaria madre putativa dei preziosi gemelli fondatori di Roma, torna a fare triste mostra di se nella gabbia in via del Teatro Marcello. Il lupo, un giovane esemplare maschio, direttamente preso dal Giardino zoologico è collocato nella gabbia, nell'occasione, almeno, allargata e resa un po' più confortevole. Le polemiche con il passare dei giorni si assopiscono e la lupa, come i precedenti inquilini, inizia il suo lento incedere, non smentendo, così, il noto detto romano.

Passeranno ancora molti anni prima che il Comune, agli inizi degli anni settanta, facendosi finalmente interprete delle giuste istanze animaliste, decida di metter fine ad un'usanza che non solo non celebrava i fasti di una città ma che costringeva, al contrario, un animale, che tradizionalmente vive in ampi spazi, a sopravvivere solo ed in una stretta ed umida gabbia.  

 

Cfr, Deliberazione comunale n° 52630 del 28.08.1872
Cfr., Capitolium febbraio 1957, pag. 32.
Cfr Il Messaggero 29.06.1954.
Cfr., Il Messaggero 22.09.1954.
Cfr., Il Mondo n° 41 del 1954, pag., 16.
Cfr,. Il Messaggero 02.10.1954.
Cfr., Sull'argomento cfr., L'Unità del 14.10.1954, Paese Sera del 28.09.1954 e del 17.11.1954 e La Giustizia del 28.09.1954.
Cfr., Il Messaggero , 15.10.1954.
Cfr., La Tribuna Illustrata , 24.10.1954.
Cfr., Il Messaggero , 30.09.1954.
Sul tema si vedano anche : Il Giornale d'Italia del 19.09.1954, Il Secolo d'Italia del 3.10.1954 ed Il Quotidiano del 14.10.1954.
Crf., Il Tempo , 28.09.1954.
Cfr., Il Messaggero , 16.11.1954.

 

 

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