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Il
rollatore (a Cuba detto torcedores) lavora, dentro un enorme
stanzone insieme ad altri colleghi (spesso più di cento), su
una tavoletta di legno e l’unico strumento che usa, oltre alle
sue mani, è un coltellino, chiamato chaveta, a mezzaluna
d’acciaio ben affilato e senza manico che serve per tagliare
le fasce. Il mestiere di rollatore è considerato uno dei lavori
più difficili al mondo. Occorre una straordinaria manualità, e
come dicono i cubani per creare un ottimo rollatore occorrono
molta predisposizione e circa dieci anni. |
Un
bravo rollatore riesce a realizzare anche 100-120 sigari al
giorno, ma questa media diminuisce quando parliamo del
confezionamento di sigari di grandi dimensioni e si arriva a
poco più di 50 unità al giorno. Solo i più esperti si
dedicano al confezionamento dei sigari più grandi. Il rollatore
utilizza da due a quattro foglie per il ripieno che va posto
nella sottofascia. Mediante l’utilizzo di appositi stampi in
legno ottiene un cilindro di tabacco chiamato pupa che depone
sulla fascia e comincia ad avvolgerlo in senso obliquo
fissandolo con una gomma vegetale insapore. |
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Terminato
questo lavoro il rollatore provvede, con la chaveta, a tagliare gli
eccessi di fascia presenti alle estremità del sigaro; il
confezionamento viene completato ponendo sulla testa del sigaro una
piccola parte degli scarti, grande quanto una monetina, per
sigillarlo. I sigari vengono quindi raccolti in mazzi da 50 (media
ruedas, mezze ruote) e sottoposti ad una sorta di disinfestazione in
camere di fumigazione sottovuoto, seguito da un'ulteriore deumidificazione di circa tre settimane, poi finalmente si passa alla
fase di assaggio del prodotto: un gruppo di sei catadores (fumatori
professionisti), valuta le caratteristiche di aroma, combustibilità e
tiraggio. A questo punto i sigari, ai quali è stato applicato il
caratteristico anello di riconoscimento, vengono suddivisi in base
alla colorazione (sono circa 65 le sfumature previste) per garantire
l'omogeneità della confezione definitiva: il pezzo più scuro viene
posto alla base della scatola di cedro sul lato sinistro e così via
fino ad arrivare al più chiaro che si troverà in alto a destra.
All'inizio i sigari venivano raccolti in fasci con un nastro di stoffa
colorata. Nel 1830 però l'Istituto di Credito H.Upmann pensò di
regalare un mazzo di sigari ai suoi dirigenti delle filiali londinesi
e li inviò in scatole di legno di cedro sigillate. L'idea piacque e
rapidamente tutti marchi iniziarono a confezionare scatole con
etichette e sigilli caratteristici della propria produzione. Alcune
scatole non presentano illustrazioni né bordi decorativi colorati, ma
sono semplicemente laccate. Nel 1912 fu introdotto, dal governo
cubano, il “Sello de Garantia” un'etichetta rettangolare verde e
bianca che sigilla la scatola, dopo che questa è stata appena chiusa
inchiodando il coperchio, come garanzia del contenuto espressa anche
nel testo dell'etichetta: "Cuban Government's warranty fo cigars
exported from Havana. Republica de Cuba. Sello de Garantia nacional de
procedencia". Ai fini dell'identificazione del prodotto è inoltre
molto importante un ulteriore marchio introdotto dalla Cubatabaco di
recente, nel 1989, che indica se i sigari contenuti nella scatola sono
realizzati totalmente a mano: “ Hecho in Cuba- Totalmente a mano”
significa che i sigari sono stati confezionati completamente a mano;
mentre la scritta “Hecho in Cuba” significa che i sigari sono
stati solamente rifiniti a mano dopo che il ripieno era stato
preparato da una macchina. Se invece sulla scatola c’è scritto
“Made in Havana, Cuba” si tratta sicuramente di sigari
pre-rivoluzionari. L’anello colorato, posto intorno al sigaro, non
ha alcuna funzione, anche se in origine l'anello veniva mantenuto
mentre si fumava per non macchiare i guanti, fu introdotto intorno al
1830 per distinguere i marchi presenti sul mercato. Toglierlo o meno
è una questione personale, ma in Inghilterra fumare con l’anello è
considerato cattiva forma, poiché si presume che il fumatore voglia
pubblicizzare la marca del sigaro che sta fumando.
Fabio
Apriletti
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