Fu il patriota e poeta Goffredo
Mameli a scrivere il testo nell'autunno del 1847. Il 10 novembre lo
inviò al maestro Michele Novaro che scrisse di getto la musica.
L'inno d'Italia era pronto per debuttare davanti ai cittadini
genovesi in occasione del centenario della cacciata degli austriaci.
L'inno venne ben presto
adottato dai patrioti italiani, simbolo del Risorgimento. Pur
essendo cantato da tutti, fu adottato provvisoriamente il 12 ottobre
1946. Si è dovuto aspettare un decreto del 2005 per l'adozione
definitiva.
I rivali
Periodicamente, soprattutto negli anni Novanta, l'inno di Mameli è
stato oggetto di aspre critiche da parte di chi voleva sostituirlo.
L'avversario più "duro", candidato a mandarlo in
"pensione", è stato sicuramente il "Va'
pensiero" di Verdi. I riferimenti storici e patriottici -
sostengono i critici - sarebbero eccessivi. In realtà se si pensa
al contesto risorgimentale in cui è nato il testo composto da Mameli, i "Fratelli d'Italia" non è meno nazionalista di
altri inni, come quello francese o tedesco.
Il testo
Quello che segue è il testo completo del poema originale scritto da
Goffredo Mameli, tuttavia l'inno italiano, così come eseguito in
ogni occasione ufficiale, è composto dalla prima strofa e dal coro,
ripetuti due volte, e termina con un "Sì" deciso.
Attualmente il ritornello è «Stringiamci a coorte, / siam
pronti alla morte. / Siam pronti alla morte, / l'Italia chiamò»
ripetuto due volte. Il resto del poema richiama episodi rilevanti
della lotta per l'unificazione dell'Italia.
Fratelli d'Italia [1]
L'Italia s'è desta
Dell'elmo di Scipio [2]
S'è cinta la testa [3]
Dov'è la vittoria? [4]
Le porga la chioma [5]
Ché schiava di Roma
Iddio la creò
Stringiamci a coorte [6]
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi
Perché non siam Popolo
Perché siam divisi [7]
Raccolgaci un'Unica
Bandiera una Speme [8]
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Uniamoci, amiamoci
L'unione e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore
Giuriamo far Libero
Il suolo natio
Uniti, per Dio, [9]
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte,
Siam pronti alla morte,
L'Italia chiamò.
Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano, [10]
Ogn'uom di Ferruccio [11]
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla [12]
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò [13]
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Son giunchi che piegano
Le spade vendute [14]
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute
Il sangue d'Italia
Il sangue polacco [15]
Bevé col cosacco
Ma il cor le bruciò [16]
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò
Sì (cantato)
Note
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1
- Il primo verso come era stato scritto da Mameli è «Evviva
l'Italia»: fu cambiato da Novaro per renderlo più forte. |
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2
- Scipione l'africano, vincitore di Zama, è portato ad esempio per
la capacità della Roma repubblicana di riprendersi dalla sconfitta
e combattere valorosamente e vittoriosamente contro il nemico. |
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3
- L'elmo che l'Italia ha indossato è simbolo dell'incombente lotta
contro l'oppressore austriaco. |
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4
- La dea Vittoria. |
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5
- Qui il poeta si riferisce all'uso antico di tagliare le chiome
alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano
invece i capelli lunghi. Dunque la Vittoria deve porgere la chiome
perché le venga tagliata quale schiava di Roma sempre vittoriosa. |
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6
- La coorte (cohors, cohortis) era un'unità da combattimento
dell'esercito romano, decima parte di una legione. Questo
riferimento militare molto forte, rafforzato poi dal richiamo alla
gloria e alla potenza militare dell'antica Roma, ancora una volta
chiama tutti gli uomini alle armi contro l'oppressore. |
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7
- Mameli sottolinea il fatto che l'Italia, intesa come penisola
italica, non è unita. All'epoca infatti (1848) era ancora divisa in
sette Stati. |
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8
- Speranza. |
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9
- Francesismo, par Dieu, cioè da Dio o attraverso Dio: Dio è
dalla parte dei popoli oppressi. Questo è uno dei (non molti)
riferimenti a Dio che è possibile trovare nelle opere di Mameli. |
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10
- La Battaglia di Legnano (29 maggio 1176), con cui la Lega
Lombarda sconfisse Barbarossa, qui simbolo dell'oppressione
straniera. |
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11
- Francesco Ferrucci, simbolo dell'Assedio di Firenze (2 agosto
1530), con cui le truppe dell'Imperatore volevano abbattere la
Repubblica fiorentina per restaurare la signoria dei Medici. In
questa circostanza, il Ferrucci morente venne vigliaccamente finito
con una pugnalata da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura
calabrese al servizio di Carlo V. «Vile, tu uccidi un uomo morto»,
furono le celebri parole d’infamia che l’eroe rivolse al suo
assassino. È da notare come in seguito il nome maramaldo sia stato
associato a termini quali vile, traditore, fellone. |
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12
- Soprannome di Giovan Battista Perasso che il 5 dicembre 1746
diede inizio, col lancio di una pietra ad un ufficiale, alla rivolta
genovese che si concluse colla scacciata degli austriaci, che da
alcuni mesi occupavano la città. |
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13
- I Vespri siciliani, l'insurrezione del lunedì di Pasqua del
1282 contro i francesi estesasi a tutta la Sicilia dopo essere
cominciata a Palermo, scatenata dal suono di tutte le campane della
città. |
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14
- Sono i mercenari cui faceva ampio ricorso l'Austria dell'epoca,
i quali non sono certo combattenti valorosi come gli eroi
patriottici, bensì sono deboli come giunchi. |
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15
- Anche la Polonia era stata invasa dall'Austria, che coll'aiuto
della Russia l'aveva smembrata. Il destino della Polonia è
singolarmente legato a quello dell'Italia: anche nel suo inno
(Mazurca di Dabrowski) c'è un riferimento agli italiani, e dei
soldati polacchi combatterono in Italia con le truppe alleate contro
i tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale, partecipando
anche all'assalto finale a Montecassino. |
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16
- Un augurio e un presagio: il sangue dei popoli oppressi, che si
solleveranno contro l'Austria, ne segnerà la fine. |
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