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Nell'intera gamma di prodotti ceramici a Faenza non mancò quello
delle pipe in terracotta. Già nello Ottocento esisteva in Faenza una larga produzione di questi
oggetti.
Le otto botteghe produttrici di pipe in terracotta lavoravano con
sistemi artigianali, stampando le pipe a mano. Ma presto queste
botteghe non riuscirono a sostenere i ritmi di produzione delle
fabbriche concorrenti, essendo queste meglio organizzate e dotate di
macchine in grado di permettere ritmi di produzione elevati a costi
contenuti.
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In poco tempo, a Faenza si assistette alla progressiva chiusura di
quelle botteghe che non vollero passare alla meccanizzazione.
Di tutto ciò si accorse Francesco Borghi, che pensò di aprire una
fabbrica con nuovi macchinari.
Il Borghi non aveva una tradizione specifica in questo campo,
proveniendo da diversi mestieri, ma aveva acquisito diverse
esperienze nei suoi viaggi che gli permisero di attrezzarsi
adeguatamente.
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Nel 1887 fondò la prima fabbrica con l'ausilio di macchine, in via
Foschini n°10. Nel cortile dell'edificio fece costruire le vasche
per il filtraggio della terra, mentre nella cantina vi erano i
recipienti destinati alo stivaggio della terra durante i periodi
invernali.
Al primo piano erano tre stanze adibite alla lavorazione, le presse
erano fissate al muro, c'erano i tavoli da lavoro e i forni.
Al secondo piano, una grande stanza, attraverso le cui pareti
passavano i camini dei forni, era adibita alla preparazione della
terra per stampatura, che necessitava di una asciugatura
preliminare. Questa terra, una volta impastata, veniva lavorata in modo da
formare dei randelli dallo spessore uniforme; una volta raggiunto lo
spessore desiderato veniva tagliata in cilindretti della dimensione
della pipa. |
Le fornaci erano di uguale dimensione, 50 cm. di
larghezza per 2 mt. di altezza e servivano una per la cottura delle
pipe in terra rossa (proveniente dall'Imolese) e l'altra per le pipe
in terra bianca, proveniente dai bacini montani della zona faentina
di Quartolo.
Questa separazione di cottura era dovuta sopratutto al trattamento
della terra rossa, per la quale si usavano diversi lubrificanti, i
quali, durante la cottura potevano influire sul cambiamento di
colore della terra. |
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La cottura avveniva una volta alla settimana, usando legna in
fascine e qualche volta corteccia d'albero ed era eseguita e curata
personalmente dal Borghi, che rimaneva accanto al forno dalle 10
alle 12 ore: per controllare il giusto grado di temperatura usava
sempre il provino.
In una cottura venivano inserite nel forno dalle 10000 alle 12000
pipe.
Questa fabbrica non subì la sorte delle altre, poiché l'uso delle
presse manuali consentì di concorrere alla pari con gli altri
prezzi del mercato italiano, arrivando poi a distribuire il prodotto
in tutta Italia.
Borghi creava di propria mano vari pezzi con forme e colori diversi,
seguendo le usanze dei maggiori centri consumatori di pipe. |
Le forme chiamate "chioggiotte" trovarono spazio nella
zona dell'Adriatico, delle valli attorno al Po, nel Veneto e
nell'Emilia Orientale; c'erano poi le "romagnole", le
"napoletane", le "liguri". La distribuzione
veniva effettuata sia da rappresentanti che da ambulanti.
Nei primi anni del 900 l'azienda produceva a pieno ritmo: con il
Borghi lavoravanootto donne fisse e, nei momenti di maggior
richiesta, si dava lavoro ad altre saltuariamente.
Ogni operaia aveva la propria mansione e lavoravano tutte a
cottimo.C'era chi stampava alla pressa (fino a sei lavoranti), chi
preparava l'argilla e chi era addetta alla lavorazione delle
cannucce. |
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Per queste, alcuni raccoglitori di Ravenna portavano alla fabbrica
dei rami di spino cervino o di marasca, poi un'operaia puliva e
tagliava i bastoncini e con un tornio funzionante a piede, faceva il
foro nell'anima,creando così la cannuccia. |
Le punte di questo
tornio venivano create dallo stesso Borghi, utilizzando stecche da
ombrello.
Le donne lavoravano dalle otto alle nove ore giornaliere ed erano
tutte assicurate.
Il Borghi creava i modelli delle pipe, poi li portava in una
fonderia a Bologna per fare gli stampi in lega di ottone e bronzo,
che utilizzava per le presse. Oltre a questi, usava degli stampi di
scagliola creati da sè.
In tutto il periodo di attività creò da sessanta a settanta modeli
di pipe diversi, con riproduzioni di teste d'animale, di pupo
siciliano, di zampe di animali e altre fogge non figurate. |
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I colori
erano vari; interamente nero, metà nero e metà rosso, tutto bianco
o altre colorazioni.
Altra sua specialità era la piegatura delle cannucce per diversi
tipi di pipa.
Durante il periodo bellico non ebbe alcun rallentamento di
produzione e nel dopoguerra i guadagni andarono così bene che potè
dedicarsi al suo sport preferito, a bicicletta.
Quando si assentava dalla fabbrica, rimaneva sempre qualche
familiare, generalmente la figlia Maria, che pian piano si appassionò
a questa attività.
Negli anni Venti, fino al 1925, ebbe enormi richieste che non riuscì
a soddisfare per intero: spediva confezioni da dodici pipe a
migliaia per volta.
Il prezzo delle pipe era di 3 lire ogni cento; le cannucce erano
confezionate a parte, in mazzetti da 50 o da 100, e naturalmente il
prezzo era proporzionale al tipo di confezionamento.
(fine prima parte)
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Giovanni Baldo
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