Per
l'Europa la storia del tabacco ha inizio con la scoperta dell'America
avvenuta nell'ottobre 1492. Già
nel suo primo viaggio nel nuovo continente Cristoforo e i suoi compagni
vennero a conoscenza di questa abitudine degli indigeni di usare dei
"tizzoni" che fumavano da un'estremità. Le prime
informazioni sul fumo di tabacco si trovano nella “Storia Generale
delle Indie” di Bartolomeo de la Casas, il quale scriveva «…gli
Indiani mischiano il fiato con il fumo di un’erba chiamata “petum” e
soffiano come dannati». Il “petum”, detto anche “tabago”, veniva
annusato, masticato o fumato in pipe di pietra rossastra. Tutte le
testimonianze pervenute sono concordi nell’affermare che per gli indiani
«…inghiottire fumo prende più tempo che lavorare». Presso i Maya e
gli Atzechi, già nel 500-1000 a. C., i sacerdoti, all'inizio delle
cerimonie religiose, usavano soffiare il fumo verso il sole ed i punti
cardinali da pipe o direttamente dal tabacco arrotolato. In realtà, far
ardere il tabacco aveva un valore religioso per i Maya e i Pellirosse,
significava rendere omaggio al Dio Balan, il dio dei quattro venti che
accendeva il cielo con lampi e nuvole. Piu tardi il fumo cominciò a non
essere piu soffiato, ma aspirato e il suo uso non fu piu limitato alla
casta sacerdotale, ma si estese al popolo. Non bisogna però pensare che
la storia del tabacco coincida con quella del fumo. Infatti anche il
tabacco come altre sostanze che nel corso dei secoli sono state
considerate delle droghe si può assumere in varie modalità, mentre
viceversa la consuetudine di fumare è ben precedente alla scoperta del
tabacco. Per esempio sono state trovate pipe antichissime di metallo che
risalgono addirittura all'età del bronzo. Evidentemente prima della
scoperta del tabacco si fumavano altre erbe aromatiche, tra cui anche la
canapa. Erodoto nel IV libro delle Storie racconta che gli Sciiti, nomadi
del Mar Nero, usavano fumare canapa in questo modo: "Dunque gli Sciti
prendono i semi di canapa, si infilano sotto la tenda fatta di coperte e
li gettano sulle pietre roventi; i semi gettati bruciano producendo un
fumo che nessun bagno a vapore greco potrebbe superare. Gli Sciti urlano
di gioia per il fumo che sostituisce per loro il bagno" (Erodoto, Le
storie, Storici greci, Firenze, Sansoni, 1993, p. 202 Libro IV).
Il primo
uomo europeo a fumare tabacco fu, probabilmente, un compagno di Cristoforo
Colombo, certo Rodrigo de Jerez. L'uso di fumare, di annusare, di
masticare il tabacco fu introdotto nei vari paesi da marinai e soldati
spagnoli, portoghesi, napoletani, siciliani, lombardi, fiamminghi e
tedeschi che combatterono nel '500 per Carlo V e Filippo II. Nel 1495,
dopo la seconda spedizione di Colombo, il frate Romano Pane, che l'aveva
accompagnato, rimaneva ad Haiti e a lui dobbiamo la prima approssimativa
descrizione della pianta del tabacco, che gli indigeni chiamavano "cojibà,
cohivà, o goli". Egli credeva che gli Indiani fumassero soprattutto
per scacciare i moscerini e che usassero l'erba come medicinale in alcune
malattie. Ma Don Fernando di Oviedo y Valdéz, governatore di Santo
Domingo, dove venne iniziata la prima coltivazione di tabacco, si
esprimeva così: " ..fra le molte sataniche arti gli indigeni ne
posseggono una altamente nefasta, e cioè l'aspirazione del fumo delle
foglie che essi chiamano tabacco, che produce in loro un profondo stato di
incoscienza".
Nel
1560 Jean Nicot, ambasciatore di Francia in Portogallo, invio' alla corte
francese i semi del tabacco, piante che vennero denominate dal nome di
Nicot “Herba nicotina”, decantandone le virtu estetiche e soprattutto
quelle "medicinali". La pianta, infatti, veniva consigliata per
la cura del mal di stomaco e delle ulcere, per l'asma e per le malattie
polmonari. L’uso del tabacco si diffuse rapidamente in Francia, poi in
Europa ed in tutto il mondo: in Italia, nel 1561, attraverso un alto
prelato, il cardinale Prospero di Santa Croce; in Inghilterra, nel 1565;
in Germania, verso il 1570, attraverso gli Ugonotti, protestanti francesi
che lasciavano la patria a causa delle persecuzioni; a Vienna, in quegli
stessi anni. Nel 1580 raggiunse la Turchia che gli apre le porte all'Asia.
In 15 anni raggiunge Giappone, Corea e Cina. In Africa l'ingresso è
avvenuto attraverso il Marocco nel 1593. Nella buona borghesia l’ora del
fumo precedette di almeno due secoli l’ora del te. Già nel 1600 l’Inghilterra,
seguita dalla Francia prima, e dagli altri paesi poi, iniziò a far
fruttare l’abitudine al fumo, diventata vero e proprio vizio di molti.
Si costituirono i primi monopoli. Nel 1650 si ballava “il ballo
del tabacco”, ad indicarne l’influenza nella moda. Il 1600 è un
secolo che vede fumare prevalentemente i marinai ed i soldati d'ogni
grado, ma cominciano ad essere conquistati all'uso del fumo anche gli
intellettuali, scrittori e poeti, e coloro che con quest'usanza vogliono
contestare i rigidi costumi dell'epoca. Ma è dagli inizi del '700 che
scrittori e poeti parlandone in parte bene, in parte male, cominciano a
fare entrare nelle loro opere il tabacco come principale protagonista.
Nella pittura molti artisti cominciarono a scegliere come soggetto il
tabacco: un esempio è il fumatore di un quadro del '600 di Adriaen Brower
e piu tardi i fumatori di Van Gogh e di Cézanne. Anche nella musica
troviamo qualche riferimento al fumo. Johan Sebastian Bach compone un Lied
in onore del fumatore. Proprio in quest'epoca venne fondato dalle donne
l'"Ordine della tabacchiera". Veniva, in questo periodo, fatto
anche largo uso della pipa. Si può ricordare che lo "smoking"
era una giacca che veniva data dall'ospite ai suoi invitati, quando si
ritiravano in una sala apposita, dopo cena, a fumare; siccome l'odore del
tabacco poteva dare fastidio alle donne o a chi non fumava, i gentlemen si
ritiravano in questa sala, infilavano la giacca, fumavano e
successivamente rientravano presso gli altri convitati rimettendo la
propria giacca.
Da Oriente arrivò
un giorno una innovazione rivoluzionaria: nel 1832 i soldati mussulmani di
Ibraim Pascià all'assedio di San Giovanni d'Acri cominciarono ad infilare
un po' di tabacco nei cilindretti di carta in cui conservavano la polvere
da sparo ed ad accenderli. Inventarono così la sigaretta, che arrivò in
Italia nel 1857, nelle tasche dei reduci della spedizione in Crimea. Per
molto tempo la sigaretta non riguardò i fumatori di pipa e sigaro che la
ritenevano troppo dolciastra e insipida. E' stato il 1800, con la comparsa
delle prime macchine, a facilitare il trapasso dalla pipa, dal masticare e
fiutare il tabacco, alla sigaretta, piu pratica e aderente alla moda che
cambiava. Gli abiti si stavano riducendo all'essenziale, scomparivano le
capaci tasche dove porre tabacco e accessori. La moda della sigaretta si
diffuse rapidamente in tutta Europa, creando una domanda inaspettata delle
sigarette turche o delle loro imitazioni inglesi. A partire dal 1860 esse
sono già generalizzate ed hanno relegato la cieca da masticare in fondo
alle miniere e la pipa nei bivacchi militari. La guerra civile americana
(1861-65) introduce un tipo di sigarette fatte di tabacco americano, di
colore chiaro, più aromatico e più dolce. Ancora una volta la guerra
mise l'economica sigaretta nelle mani dei soldati, prima dei confederali,
poi di quelli dell'unione. Dopo aver provato qualche sigaretta con questo
insolito tabacco, i nuovi fumatori sentivano l'impellente necessità di
fumare di nuovo. Pertanto l'industria delle sigarette aveva generato un
nuovo e potente vizio. Il successo della sigaretta fu talmente rapido che
già nel 1868 venne fondata l'Associazione francese contro l'abuso del
tabacco. Ben presto i commercianti di tabacco ebbero l'idea di servirsi di
annunci pubblicitari per attirare nuovi clienti. Una macchina brevettata
nel 1880 produsse sigarette in serie e contribuì a tenere bassi i prezzi,
mentre foto di divi dello sport e di ragazze sorridenti resero popolare
tra il pubblico maschile l'immagine della sigaretta. Secondo lo storico
Robert Soliel i due metodi più importanti per diffondere il consumo di
sigarette sono stati la pubblicità e la guerra. Infatti il consumo aumentò
vertiginosamente con la prima guerra mondiale: la produzione americana
passò da 18 miliardi di sigarette nel 1914 a 47 miliardi nel 1918. A
questo contribuì una crociata per fornire sigarette gratis ai soldati: il
loro effetto narcotico era considerato utile per combattere la solitudine
al fronte. Una canzone inglese del tempo di guerra suggeriva: "chiudi
i tuoi problemi nello zaino, mentre hai un fiammifero per accendere la
sigaretta". Coloro che si erano convertiti al fumo da soldati,
divennero buoni clienti anche dopo la guerra. La pubblicità fece sì che
gli americani continuassero a comprare sigarette anche durante e dopo la
depressione economica del 1929. Furono stanziate somme colossali (circa
75.000.000 di dollari del 1931) perla promozione delle sigarette come
aiuto per mantenersi snelli, come alternativa ai dolciumi; film che
esaltavano dive fumatrici, come Marlene Dietrich, contribuivano a creare
un'immagine sofisticata che colpì anche le donne. Così nel 1939, alla
vigilia di un'altra guerra mondiale, le donne americane si unirono agli
uomini nel consumare 180 miliardi di sigarette. Quando scoppiò la II
guerra mondiale, di nuovo i soldati ebbero le sigarette gratis.
Nell'Europa postbellica ad un certo punto le stecche di sigarette
sostituirono la valuta nel mercato nero: i soldati americani di stanza in
Europa compravano sigarette prodotte con le sovvenzioni governative per
pochi centesimi e con esse pagavano tutto: dalle scarpe nuove alle
ragazze. Nella sua marcia trionfale alla conquista del mondo, spesso il
tabacco ha avuto come principali alleati nei fatti anche coloro che si
dichiaravano suoi avversati a parole. Questi ambigui rapporti continuano:
ad esempio, le Poste italiane hanno emesso nel 1982 un francobollo contro
il fumo, che si acquistava dallo stesso venditore delle sigarette del
Monopolio di stato.
Il largo consumo del tabacco su scala mondiale portò
dunque alle polemiche e alla nascita dei primi aspri oppositori. Uno dei
primi feroci avversatori della pianta fu il re Giacomo I d'Inghilterra
(1566-1625) che denunciò la "deplorevole abitudine, disgustosa per
gli occhi, sgradevole per il naso, pericolosa per il cervello, disastrosa
per i polmoni". A lui si deve il primo decreto proibizionista contro
il fumo che aveva delle motivazioni anche economiche, visto che gli
importatori erano spagnoli, suoi acerrimi nemici. Fu varata quindi la
prima tassa sul tabacco, molto onerosa. Come sempre accade quando si cerca
di imporre un regime proibizionista, nacque immediatamente un mercato
clandestino di coltivatori abusivi che non volevano pagare nessuna
gabella. Infatti, poco tempo dopo, il governo fu costretto ad abbassare la
tassa che non pagava praticamente nessuno, per fare sì che i coltivatori
non diventassero necessariamente clandestini. Ma accanto alle tasse sulla
coltivazione, imposte presto per ragioni economiche anche dalla Francia e
da altri paesi, nacquero anche contestazioni di ordine morale e medico
contro l'uso per così dire voluttuoso di questa sostanza. Alcuni medici
cominciarono a considerare il tabacco come una pianta dannosa e tutt'altro
che curativa. In molti paesi fu proibito fumare per la strada e in
pubblico, si fumava nei tabagies, appositi luoghi di
"perdizione". Così nel 1600 nacquero anche le prime pesanti
sanzioni e i primi proibizionismi motivati dai più svariati pretesti. In
alcuni paesi i fumatori cominciarono ad essere perseguiti anche con pene
corporali. In Persia lo scià Abbas, in nome del Corano faceva
mozzare il naso ai fiutatori di tabacco e tagliare le labbra ai fumatori. In
Turchia Amurat IV adottò persino la pena di morte, per un breve periodo,
per chi compiva questo reato, come anche avvenne in Germania, a Lunenberg. In
Russia i fumatori venivano perseguiti pesantemente anche se lo zar Pietro
il Grande si dice che fumasse tranquillamente in lunghe pipe fatte
d'argilla. Riprendendo gli argomenti della Santa Inquisizione
spagnola, il papa Urbano VIII nel 1630 arrivò persino a parlare di
scomunica per i fumatori. E dopo non molto tempo due nuove bolle papali
(revocate poi nel 1725) vietarono l'uso di tabacco al clero, pena la
scomunica. In Cina venne introdotta la decapitazione per i fumatori e
anche in Giappone si perseguitò e proibì la pratica, ufficialmente per
evitare i pericoli di incendi attribuiti ai fumatori. Ma questa ondata di
proibizionismo non sortì risultati pratici di massa, a parte le
disgraziate vicende dei pochi malcapitati che pagarono per tutti. Per cui
molte di queste severissime pene vennero in breve revocate, o non poterono
mai essere applicate in modo sistematico. In pratica i risultati del
proibizionismo del tabacco, come e più di oggi nel caso degli
stupefacenti, erano assolutamente nulli.
Nel
1700 la guerra di repressione contro il tabacco e il tabagismo era persa.
Le tassazioni sulla coltivazione del tabacco vennero sostituite con la
geniale invenzione del monopolio di Stato, un'idea pare attribuibile al
cardinale Richelieu. In pratica solo lo Stato aveva il potere di coltivare
commercializzare e distribuire il tabacco. L'operazione si rivelò presto
una delle più abili invenzioni fiscali della modernità e fruttò alle
casse degli Stati che subito adottarono questo sistema all'unanimità
introiti smisurati. E su questo fatto economico si farebbe bene a
riflettere anche oggi a proposito di legalizzazione di certe sostanze
stupefacenti invece di lasciare questo mercato clandestino nelle mani
della criminalità organizzata. Soltanto durante la rivoluzione
francese si abolì in Francia il monopolio, prontamente ripristinato da
Napoleone subito dopo. Un’ondata di proibizionismo del tabacco si
è registrata in tempi moderni in alcuni stati USA tra il 1900 e il 1925.
Le sigarette vennero in un primo tempo proibite, e successivamente vennero
introdotte sul mercato delle sigarette più leggere con il risultato che
vennero apprezzate anche dalle donne, precedentemente abbastanza
indifferenti a questo vizio. Il fallimento del proibizionismo, di nuovo,
avvenne quasi subito. Oggi, in epoca di salutismo galoppante, dove il
corpo umano non è più proprietà del singolo ma della collettività, in
alcuni paesi, si cerca di combattere una guerra al fumo cieca ed
indirizzata principalmente al fumatore, inteso come elemento di disturbo
della salute pubblica, accostando il “vizio” del fumo ad eventuali
vizi della morale, intesa come pubblica. La storia insegna che nessun
proibizionismo ha mai raggiunto gli scopi prefissatisi.
Marcello
Salvi
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